Dodici città, Matteo Bruno - Review Party -

domenica 17 dicembre 2017
E non pensi che anche io ho bisogno di te? Non pensi che ho bisogno di te, vivo?

Benvenuti nel review party della Leone Editore, dove diverse blogger si confrontano sui romanzi di Matteo Bruno. Come libro di cui parlarvi ho scelto Dodici città, attratta non dal manzo in copertina, ma dall'idea di divinità spregevoli e vendicative pronte ad affondare le loro unghie sull'uomo.


dodici citta'

Matteo Bruno

e mezzo.

Editore: Leone Editore 
Prezzo: 15,00€
Pagine: 443

Trama: Sul finire del VI secolo a.C. Porsenna, il Grande re dell'Etruria, dopo essere riuscito a radunare attorno a sé tutte le Dodici città del suo popolo grazie a uno straordinario prodigio, si appresta a muovere guerra a Roma. Nel frattempo Dardano da Perusna, un abile artigiano nato etrusco ma cresciuto tra i romani, spinto da divinità vendicative e capricciose, dimostra il suo eroismo durante il drammatico assedio di Roma.

Recensire un romanzo con così tanta ricerca, con così tanti dettagli non è affatto facile. Partiamo già dal fatto che Dodici città tocca uno dei miei generi preferiti: il romanzo storico. Partiamo poi dal fatto che Dodici città tocca quasi la bellezza di cinquecento pagine e che la scrittura è abbastanza evocativa. In generale quindi è un libro che si legge con piacere, ma sono i piccoli dettagli, le piccole incertezze, che fanno arrancare nella lettura, togliendone poi in toto l'attenzione. Ma andiamo con ordine e mettetevi comodi perché la strada non è tutta in discesa.

Già dalle prime pagine l'autore ci accompagna in un azione diretta, la guerra si sta avvicinando e Dardano non ha scelta, deve combattere contro quelle stesse persone che lo hanno cresciuto, contro quel popolo dove si è sentito amato. Dardano è un personaggio complesso, sin da subito ci appare con la sua vena malinconica, non ha rimpianti eppure l'amarezza che percorre la sua gola sembra attraversare la nostra. Non ha paura della morte e non teme l'idea di combattere, è la delusione però che ci appare nei suoi occhi che ci lascia comprendere quanto il personaggio di Dardano sia umano, quanto l'autore abbia realizzato l'uomo così come è, senza tanti raggiri o merletti decorativi.

Andando avanti il salto temporale è alto e ci appare un Dardano ragazzino, alle prese con l'innocenza, la passione per lo studio, l'obbedienza e i primi amori. I personaggi che fanno parte della vita di Dardano sono tantissimi, ma sarà solo uno a ferire quell'animo: quello stesso padre che spezza i sogni e le convinzioni del figlio, mandandolo a Roma. Un ragazzino solo, senza popolo e senza capirne la lingua, è qui che Dardano e la sua innocenza sembrano sbriciolarsi. Andando avanti gli ostacoli che Dardano si trova ad affrontare sono parecchi, ma come un albero forte il suo animo e la sua determinazione viene piegata ma mai spezzata.
La figura di Dardano, di questo combattente non nato per combattere, di quest'uomo che si ritrova a fare delle scelte a volte controcorrente mi è piaciuto e mi ha emozionato. Ho letto pagina dopo pagina quasi d'un fiato, affezionandomi a quell'uomo che mi ha ricordato la Storia - e se avete letto l'intervista non è un refuso - , tuttavia ho trovato alcuni dettagli troppo prolissi, che mi hanno distratto dall'attenzione che vi era tra le pagine, rischiando di trovarmi stanca nella lettura e distratta da doverne tornare indietro. 
La follia del re etrusco Porsenna, di fronte all'ossessione di assediare Roma e piegare i Romani ci porta ad apprezzare la ricerca fatta dall'autore, a respirare le notti in bianco passate a conoscere ogni dettaglio di un uomo dalla figura arrogante, superficiale e testardo fino al midollo.

I dettagli che l'autore inserisce nel romanzo sono evocativi e minuziosi. Come in un videogioco o in un film d'azione, ci troveremo coinvolti nella storia, quasi a bocca aperta di fronte ad un ambientazione ricca di dettagli, niente viene lasciato al caso e anche il più piccolo granello di polvere viene reso dorato.

Il popolo etrusco che fa da protagonista al romanzo viene ispirato dall'autore da nozioni che vengono poi spiegate nelle note finali; In ogni parte di Dodici città, il popolo etrusco la fa da padrone, la sensazione dei dettagli, della loro spiritualità, delle loro divinità stesse rischia però di perdere la magnificenza del popolo stesso e di quella storia.

Dodici città è un romanzo che non contiene solo un unico romanzo, l'autore dà la sensazione di affanno, di voler vomitare ogni nozione, ogni ricerca fatta, quasi preso da una forte scarica di adrenalina che lo porta a buttar giù tutto, senza scremare quella che poi è la trama definitiva. In questo romanzo c'è tutto, ma a volte è davvero troppo. Troppi dettagli, troppi discorsi, troppe informazioni. 

Dodici città è un romanzo che va capito, che va letto piano piano e scremato. Leggerlo tutto d'un fiato non lo porta ad apprezzarne la sua bellezza, avrei preferito in qualche modo dividere la storia del popolo etrusco, la loro mitologia, la loro vita stessa dal personaggio di Dardano, anche se superficialmente può sembrare impossibile. Avrei preferito meno nozioni, meno vomitate di parole, e lasciare forse qualche mistero in più. 


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