Esce oggi il secondo volume dei fratelli Wolfe e qui nel mondo di sopra era impossibile non parlarvene. Se il primo lascia l'amaro in bocca per come l'autore ci porta letteralmente nel mondo del protagonista, qui l'emozione è sempre un crescendo e, nonostante si parli di adolescenti, anche alla soglia dei trent'anni rimane e continua la voglia di leggerlo.
vorrei essere mio fratello
Markus Zusak
Editore: Frassinelli
Prezzo: 14,90€
Pagine: 166
Serie: The Wolfe Brothers #2
Trama: La famiglia dei fratelli Wolfe sta passando un brutto momento. Il padre ha perso il lavoro, soldi ce ne sono sempre meno, e il clima in casa è sempre più pesante. Per questo Cameron e Ruben accettano di entrare nel circuito degli incontri clandestini di boxe tra ragazzi. Con le scommesse e le mance si può guadagnare bene. Naturalmente lo fanno di nascosto dai genitori, e Cameron dovrà anche nascondere, persino a se stesso, quello che prova per la ragazza che viene sempre agli incontri, e che sembra avere occhi soltanto per Ruben. Ma i due fratelli presto capiranno che stanno combattendo per qualcosa di più importante dei soldi, persino delle ragazze: combattono per la loro dignità, combattono per scoprire chi sono veramente. E combattono l'uno per l'altro.
Pagina dopo pagina eccoci di nuovo qui, con Cameron e Ruben, a tifare per la loro vita, il loro bisogno di crescere in un esistenza che sembra prenderli a pugni ad ogni passo, che sembra per forza volerli buttar giù come birilli.
In questo secondo volume i nostri ragazzi sono emotivamente più grandi, pronti sempre a darsi man forte contro tutto il mondo che per loro è una gomma da masticare, qualcosa da calpestare per non farsi calpestare allo stesso modo. Il romanzo inizia con la strafottenza del più grande, con Ruben a cui non importa quello che succede o delle conseguenze che può avere, lui è diretto come una moto che corre in strada, lui è emotivamente crudo; mentre Cameron, il nostro protagonista, rimane sempre un passo indietro, un po' timoroso per quello che può accadere, per quelle conseguenze che fanno paura; ma quando la situazione familiare in casa crolla, i nostri protagonisti si ritrovano l'uno al fianco dell'altro, pronti a non evadere più, ma a combattere.
Ogni volta che finivo a terra, Senza una ragione per alzarmi, Chi diceva resta li che è meglio, Ci vuol poco ad abituarsi. Pagina dopo pagina il nostro autore ci porta in una situazione familiare drammatica, che succede quando il pilastro della casa crolla? Succede che si rischia che crolla tutto, non solo la stessa casa, ma gli abitanti dentro. In questo percorso formativo, l'autore ci porta a conoscere i due ragazzi in una veste nuova, non più lottatori contro una vita senza ragione, ma lottatori contro il bisogno di cadere.
La vita è come un ring. Bisogna rialzarsi sempre e non restare a terra troppo a lungo, sembra suggerirci il romanzo ad ogni passo. Ovviamente i nostri protagonisti non sono ragazzi dalla vita facile, hanno bisogno di soldi, hanno bisogno di aggrapparsi l'un l'altro ed aiutare la loro famiglia, è per questo che ciò che prendono dalla strada, la prendono subito, senza cercare qualcosa di più normale.
La particolarità, ancora una volta, del romanzo non è soltanto il modo di scrivere dell'autore che sembra farci trovare di fronte ad un adolescente, ma questo salto qui e là, tra pensieri a volte sconnessi ed incubi, tra sogni e fantasie che ci porta a pensare effettivamente come un adolescente in un ambiente difficile, a trovare una via di uscita in una vita non facile.
La famiglia di Cameron non è una famiglia fortunata, eppure i fratelli rimangono attaccati tra loro come se ci fosse della colla permanente; ammetto che lo faccio di rado, ma mi sono trovata a sottolineare diverse parti del libro, su quella sensazione che rimane a pelle, su quelle emozioni che l'autore descrive così bene, che te le fa provare, come se il protagonista diventassimo noi e non più quel ragazzino combattente.
Ogni emozione in questo romanzo è amplificato dal coraggio, dalla forza, dalla voglia di vivere di due ragazzi che combattono ogni giorno appena inizia il sole, da una vita dove anche se non sei fortunato, la fortuna te la crei.
Vorrei essere mio fratello è un romanzo che ha grinta, che urla prepotentemente tra le pagine, è un romanzo che graffia come un cucciolo di tigre, ma pronto comunque a fare male. Il ritmo della scrittura è un salto tra parole e punteggiatura, tra pensieri connessi e sconnessi tra loro, è il fotogramma di un cervello in continua evoluzione e non serve a nulla tentare di capirlo o trovarne un filo troppo logico, a volte si ha solo il bisogno di farsi trascinare, di prendere la situazione come viene ed aspettare, ed in questo romanzo la sensazione è esattamente quella. Bisogna farsi trascinare.
Un combattente può vincere, ma non è detto che un vincente sappia combattere.
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