L'UNICO MODO PER RIAVERLO E' RAPIRE UN ALTRO BAMBINO AL SUO POSTO.
THE CHAIN
Adrian McKinty
Prezzo: 19,50€
Pagine: 352
Trama: Mi chiamo Rachel Klein e fino a pochi minuti fa ero una madre qualunque, una donna qualunque. Ma adesso sono una vittima. Una criminale. Una rapitrice. È bastato un attimo: una telefonata, un numero occultato, poche parole. Abbiamo rapito tua figlia Kylie. Segui le istruzioni. E non spezzare la Catena, oppure tua figlia morirà. La voce di questa donna che non conosco mi dice che Kylie è sulla sua macchina, legata e imbavagliata, e per riaverla non sarà sufficiente pagare un riscatto. Non è così che funziona la Catena. Devo anche trovare un altro bambino da rapire. Come ha fatto lei, la donna con cui sto parlando: una madre disperata, come me. Ha rapito Kylie per salvare suo figlio. E se io non obbedisco agli ordini, suo figlio morirà. Ho solo ventiquattro ore di tempo per fare l'impensabile. Per fare a qualcun altro ciò che è stato fatto a me: togliermi il bene più prezioso, farmi precipitare in un abisso di angoscia, un labirinto di terrore da cui uscirò soltanto compiendo qualcosa di efferato. Io non sono così, non ho mai fatto niente di male nella mia vita. Ma non ho scelta. Se voglio salvare Kylie, devo perdere me stessa...
The chain, di Adrian McKinty è stato pubblicato da Longanesi nell'Agosto 2019 ed è un romanzo che nonostante qualche intoppo riesce comunque a farsi apprezzare.
Di questo romanzo bisogna tuttavia sottolineare che nasce nel 2012 come breve racconto ispirandosi ai veri rapimenti attuati in diverse zone del Messico e, solo più avanti, viene poi sviluppato come romanzo vero e proprio.
La lettura si apre con quello che è il più grande incubo per una madre: il rapimento del proprio figlio; una telefonata che stravolge la vita della protagonista in una catena che di certo non può spezzare.
The chain rappresenta la classica catena virtuale che ogni tanto riappare tra i messaggi: "invia questo sms a dieci amici, non spezzare la catena o avrai sfortuna a non finire", tuttavia questa volta spezzare la catena significherà perdere il proprio figlio.
L'autore ci porta di fronte alla consapevole disperazione della protagonista che, se da una parte è combattuta all'idea di denunciare tutto alla polizia, dall'altra sa benissimo che l'unica cosa da fare è diventare lei stessa la carnefice.
Il gioco della catena le permette di farsi aiutare da una persona a sua scelta per rapire un'altra vittima, in modo da liberare la propria figlia.
Lo stile narrativo dell'autore fa utilizzo di un ritmo altalenante che porta quindi il lettore ad un senso di angoscia e ansia nella lettura, come se si trovasse esattamente nella scena descritta.
Il punto di forza della scrittura di Adrian McKinty è l'utilizzo della scelta delle parole, delle vicende e delle emozioni che permettono ai personaggi di scivolare via, di sfuggire al lato psicologico così da continuarne la lettura in una sorta di presa infinita.
Questa scelta semplice e minimale della non caratterizzazione della protagonista, che per Adrian McKinty ne sia frutto di una scelta di marketing o puro stile narrativo, ci porta ciò nonostante a creare un legame con la storia non provando empatia per la protagonista, ma a sentirci noi stessi la protagonista.
Lo scrittore sembra circondarci da una nebbia fitta dove l'unica luce che ne filtra è quella della corsa della lettura per arrivare all'ultima pagina. Così come richiesto dal genere del libro, dal thriller psicologico di cui The chain ne fa parte, l'autore mescola le carte in tavola lasciando poche solide certezze: come si spezza la catena? Come può una vittima diventarne carnefice?
The chain si muove senza fiato seguendo regole primitive che in meno di ventiquattro ore devono essere sviluppate, creando una corsa contro il tempo che sembra tuttavia frantumarsi verso il finale del romanzo.
Come detto precedentemente, essendo frutto di un racconto, l'ultima parte non ha quell'esplosione dell'inizio del romanzo, non ha quel ritmo ricco di adrenalina che porta il lettore a divorare ogni pagina, tuttavia si lascia comunque leggere ormai incuriositi dalla voglia di scoprirne il finale.
Il dettaglio inquietante dello sviluppo della storia, ossia dei rapimenti avvenuti in Messico rimane un'ombra che aleggia su ogni pagina divenendo una paura intrinseca nella nostra testa.
The chain rappresenta la classica catena virtuale che ogni tanto riappare tra i messaggi: "invia questo sms a dieci amici, non spezzare la catena o avrai sfortuna a non finire", tuttavia questa volta spezzare la catena significherà perdere il proprio figlio.
L'autore ci porta di fronte alla consapevole disperazione della protagonista che, se da una parte è combattuta all'idea di denunciare tutto alla polizia, dall'altra sa benissimo che l'unica cosa da fare è diventare lei stessa la carnefice.
Il gioco della catena le permette di farsi aiutare da una persona a sua scelta per rapire un'altra vittima, in modo da liberare la propria figlia.
Lo stile narrativo dell'autore fa utilizzo di un ritmo altalenante che porta quindi il lettore ad un senso di angoscia e ansia nella lettura, come se si trovasse esattamente nella scena descritta.
Il punto di forza della scrittura di Adrian McKinty è l'utilizzo della scelta delle parole, delle vicende e delle emozioni che permettono ai personaggi di scivolare via, di sfuggire al lato psicologico così da continuarne la lettura in una sorta di presa infinita.
Questa scelta semplice e minimale della non caratterizzazione della protagonista, che per Adrian McKinty ne sia frutto di una scelta di marketing o puro stile narrativo, ci porta ciò nonostante a creare un legame con la storia non provando empatia per la protagonista, ma a sentirci noi stessi la protagonista.
Lo scrittore sembra circondarci da una nebbia fitta dove l'unica luce che ne filtra è quella della corsa della lettura per arrivare all'ultima pagina. Così come richiesto dal genere del libro, dal thriller psicologico di cui The chain ne fa parte, l'autore mescola le carte in tavola lasciando poche solide certezze: come si spezza la catena? Come può una vittima diventarne carnefice?
The chain si muove senza fiato seguendo regole primitive che in meno di ventiquattro ore devono essere sviluppate, creando una corsa contro il tempo che sembra tuttavia frantumarsi verso il finale del romanzo.
Come detto precedentemente, essendo frutto di un racconto, l'ultima parte non ha quell'esplosione dell'inizio del romanzo, non ha quel ritmo ricco di adrenalina che porta il lettore a divorare ogni pagina, tuttavia si lascia comunque leggere ormai incuriositi dalla voglia di scoprirne il finale.
Il dettaglio inquietante dello sviluppo della storia, ossia dei rapimenti avvenuti in Messico rimane un'ombra che aleggia su ogni pagina divenendo una paura intrinseca nella nostra testa.
La trama mi ispira molto, ma sono piuttosto in dubbio: di solito ho bisogno che i personaggi abbiano una forte caratterizzazione per riuscire ad apprezzare la storia, altrimenti non riesco assolutamente a "immedesimarmi" e a lasciarmi coinvolgere...
RispondiEliminaChissà! Sto cominciando a pensare che probabilmente esistono altri thriller che potrebbero risultare maggiormente nelle mie corde! :)
Grazie, comunque, per avermi aiutato a schiarirmi un po' le idee nei confronti di questo titolo in particolare! ^____^
Ciao Sophie, di solito tendo ad essere come te: provo empatia nei confronti di quei personaggi che in qualche modo mi lasciano qualcosa, memorizzando poi ogni loro tratto.. in realtà la particolarità di questo autore è questa non connessione con la protagonista che ci fa comunque immedesimare in lei. Saranno le frasi sconnesse e l'angoscia della scrittura, se ti capita leggilo!
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