Mamma è matta, papà è ubriaco
Fredrik Sjöberg
Prezzo: 16,50€
Pagine: 224
Editore: Iperborea
Trama: Grazie al caso, manovratore nascosto di destini umani, in un’asta di Stoccolma riemerge dal nulla un quadro dimenticato di quasi un secolo fa, il ritratto di due cugine adolescenti firmato dal danese Anton Dich. «Dimenticato» è forse troppo, visto che il suo autore non è ricordato in alcuna storia dell’arte, ma chi potrebbe incuriosire Fredrik Sjöberg più di un eccentrico ai margini dell’eccentricità bohémienne? Anton, patrigno di una delle due ragazze ritratte, ha lasciato scarse tracce di sé. Si aggira poco più che ombra tra i caffè di Montparnasse negli anni dell’avanguardia del primo Novecento, quando Parigi pullula di artisti di tutta Europa in cerca della loro strada. Pittore di talento, sembra sempre nel posto giusto al momento giusto, eppure lui la strada per il successo non la troverà mai, e morirà solo e alcolizzato a Bordighera nel 1935. Che cosa l’ha spinto alla deriva? Per scoprirlo, Sjöberg incontra le nipoti svedesi di Anton, scava nella famiglia matriarcale della moglie Eva Adler, ricostruisce complessi alberi genealogici e intreccia storie di carriere ben più luminose: Modigliani, Picasso, Derain, Brecht, Cendrars. Indulgendo alle divagazioni autobiografiche, botaniche, perfino filateliche, lascia spesso la strada maestra per produrre nei détours inaspettate esplosioni di senso, cui la sua consueta ironia elegantemente sottrae enfasi. E in fondo a questo viaggio tra Göteborg, Copenaghen, Parigi, la Costa Azzurra, la riviera ligure, addirittura Leopoli, resterà la sensazione di aver letto non tanto la biografia di un uomo quanto quella di un’epoca, una storia di sogni e nevrosi del XX secolo, ma anche dell’eterna ricerca di qualcosa che somigli all’immortalità.
A volte un lettore tende a misurare la qualità di un libro rispetto al numero delle pagine: se il numero è abbastanza alto vuol dire che allora sicuramente è un bel libro; nel novanta per cento dei casi questa affermazione è sbagliata e Fredrik Sjöberg lo dimostra ancora una volta con il suo libricino Mamma è matta, papà è ubriaco che, nonostante si finisca in un paio di ore al massimo, lascia la sensazione di aver fatto un giro intorno al mondo andata e ritorno.
Della scrittura così complessa dell'autore mi ero innamorata grazie a L'arte di collezionare mosche, un viaggio di riflessioni che passa attraverso le ali di mosche particolari e Mamma è matta, papà è ubriaco è un secondo viaggio che lascia un senso di amarezza arrivati alla parola fine.
Che venga chiamato caso o fortuna poco importa, ma quando l'autore trova in un'asta di Stoccolma un vecchio quadro di un pittore dimenticato, Anton Dich che ritrae due cugine adolescenti, è lì che si sofferma sulle protagoniste così tristi e perse nel vuoto ed è proprio lì, in quell'attimo, che capisce che forse la fortuna non è poi così cieca e decide di ripercorrere i passi di quel pittore nascosto, morto lontano e solo nel 1935.
Fredrik Sjöberg, passo dopo passo, raccoglie il filo della bella Arianna evocando immagini di un uomo dimenticato anche da Dio, portandoci davanti a situazioni particolari dove il pittore si dimostra in amicizia con uomini importanti per poi cadere nell'oblio.
Sempre a marcia indietro l'autore ci racconta della famiglia di quel pittore e di sua moglie. Per anni l'autore raccoglie testimonianze su Anton Dich, come un attento investigatore traccia il profilo di un uomo che poteva avere tutto: soldi e successo per poi, invece, farsi scivolare quel tutto come sabbia tra le dita per una propria scelta e morire da solo alcolizzato.
Fredrik Sjöberg ne rimane affascinato, Anton Dich diventa la sua ossessione, rimanendo comunque insoddisfatto dal risultato trovato. Mamma è matta, papà è ubriaco non è solo la biografia di un autore eccentrico, ma è un libro su come il fato possa manovrare una realtà e noi ne diveniamo solo umili e inaspettati spettatori, illusi che siamo noi i protagonisti del teatro.
L'autore analizza ogni dettaglio con loquacità, trasporta il lettore in un viaggio di riflessioni tra un appunto e un altro di biografia, aprendo paragrafi sulla vita stessa per poi richiuderli poco dopo e riaprirli ancora, perché Fredrik Sjöberg come priorità ha quella di raccontare a livello orale la storia nella storia e non solo scrivere un libro.
Fredrik Sjöberg ha la capacità, con il suo ritmo frenetico, di trasportare il lettore in una sorta di girotondo narrativo lasciando ogni senso inebriato da ciò che si è letto.
Corri lettore se devi correre, forse è il caso.
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