Siamo giunti quasi alla fine di questo blogtour e in qualche modo, si è cercato di dar giustizia all'opera che grazie a Suzanne Collins lascia il lettore senza fiato.
In questa mia tappa voglio in realtà fare un passo indietro e analizzare come i primi romanzi di Hunger Games nascondano all'interno la perdita di se stessi.
Negli Hunger Games oltre i personaggi, ciò che rimane tanto impresso è la visione del ceto al potere: individui sciocchi, attorniati da lusso e lustrini, da crudeltà, violenza e il bisogno sadico di trovare piacere in tutti i modi.
Se poi ci soffermiamo sui personaggi in lotta contro quella società e quel potere assurdo e sciocco, ecco che capiamo come i primi romanzi dell'autrice Suzanne Collins, portino alla visione dell'uomo in uno stato di incoscienza e di un sentore di perdita del proprio io.
Questa guerra tra il potere che cerca di manipolare l'uomo fino alla fine e la ribellione degli adolescenti che cercando di risvegliare quel mondo ormai abituato alla violenza, le troviamo nelle parole di Peeta quando afferma:
Non voglio perdere me stesso, non voglio che mi trasformino in una specie di mostro che non sono. Continuo ad augurarmi di trovare un modo di dimostrare a quelli di Capitol City che non sono una loro proprietà. Che son più di una semplice pedina
E' qui che i personaggi sembrano riaccendere il proprio io e il bisogno di non arrendersi.
Katniss inizia la sua resistenza e il suo bisogno di non vacillare quando si sostituisce alla sorellina offrendosi come volontaria, ma in realtà tutto il sistema sembra crollare quando, alla morte di Rue, copre il corpo senza vita con fiori mostrando come quella ragazza sia un essere umano e vada trattata come tale.
Se Katniss e Peeta diventano gli idoli di diverse generazioni costretti a vivere nei distretti, in realtà nell'ultima battaglia la nostra protagonista aiuta di nuovo Peeta a ritrovare se stesso quando, ormai stremato dal nemico di Capitol City e torturato fino alla fine, dimentica chi è.
Una visione più cruda della perdita di se stessi, in una scelta poco etica rispetto alla purezza dell'io che troviamo in Katniss, la ritroviamo nell'ultimo romanzo della trilogia quando un personaggio fomentato dalla sua visione di leader e dalla sua necessità di combattere contro Capitol City, arriva a distruggere la città con delle bombe, creando vittime anche tra i bambini.
E' qui che la perdita di se stessi non è più un ritrovo poi del proprio animo, ma un io che diviene alimentato da ideali sbagliati e violenti.
Spesso dai più grandi filosofi è stato dibattuto in maniera complessa e arcaica la visione di se stessi e della necessità di perdersi per riuscire a ritrovare poi quelli che sono gli obiettivi del nostro animo e la volontà del nostro io, eppure con maestria, l'autrice riesce a spiegare questa esigenza grazie alla visione parallela di creare una perdita sia "corretta" che porta Katniss e Peeta a crescere e maturare, sia scorretta (anche se non esistono scelte giuste o sbagliate) dove il protagonista sceglie la violenza per ritrovare il suo obbiettivo e la sua meta.
Quante volte, tu lettore, ti sei ritrovato invece a sentire la necessità di smarrire la tua identità e a sentirti perso nei momenti in cui non sei riuscito a raggiungere la tua meta?
Non so se sia davvero necessario perdersi per ritrovarsi, però credo che ci sia sempre un momento della vita in cui si perde sé stessi. Ovviamente non per forza in modo eclatanti o tremendi, ma anche in modi più semplici. Perdersi a volte permette di capire con chi puoi ritrovarti: coloro che hanno cercato di riportarti sulla via.
RispondiEliminaMolto interessante questa riflessione, la risposta non è semplice. Questa storia spinge a pensare a molte cose
RispondiEliminaAnche io credo che almeno una volta nella vita si perda in qualche modo se stessi e i proprio punti fissi, ma quando ci si ritrova si apprezza maggiormente ciò che ci sta attorno. La prima volta che ho letto Hunger games non avevo apprezzato a pieno Peeta ma nella seconda lettura ho imparato ad apprezzarlo moltissimo.
RispondiEliminaUna riflessione molto interessante, credo che a volte sia necessario perdersi per ritrovarsi ma in altri casi ci si perde e si smarrisce la strada! Comunque, per me, Peeta rimane il simbolo di questo desiderio di rimanere fedeli a noi stessi!
RispondiEliminaQuesta storia offre tanti spunti di riflessione. La si può guardare sotto tanti aspetti.
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