Il grande Firlinfù
Fausto Silva
Trama: Ate sente la guerra avvicinarsi ai suoi monti, ma sa come fermarla: deve riuscire a dissotterrare il Gran Firlinfù e trovare un gigante che sia in grado di suonarlo. La sua musica farà cessare la guerra, l'ha detto Ariùn Vin. Ate ha fiducia nella magia di Ariùn Vin che è un nobile inselvatichito, a volte simile a un albero, ma si cura da solo e ha fatto trappole intorno per tenere lontano tutti. A parte Ate. Ma un po' alla volta la realtà prende il sopravvento: la guerra diviene tragicamente reale, i millantati eroi dell'osteria divengono martiri e la morte si mostra in tutta la sua crudezza. Ate deve fare i conti con questa realtà: perde il suo candore ma non la sua umanità che lo distingue dagli assassini, ma anche da chi grida vendetta davanti all'inerme, per scrollarsi il fango della pavida tolleranza subita.
Ci sono romanzi che diventano carnivori della tua stessa mente. Vermi che scavano nella nostra testa, portandoci a rimuginare sulle parole lette, sui personaggi assorbiti e sulla inesauribile voglia di tornare in quel mondo. Vermi che si fondono poi con il nostro cervello, scoprendo come - ancora una volta - la lettura possa essere definita al pari della droga, una stupefacente dipendenza.
E poi, ci sono romanzi che ti fanno dubitare di te, che ti portano a rileggere una pagina più volte per capire se ciò che si è letto abbia o meno un senso. E allora ti guardi intorno, con la voglia di lanciare il libro da qualche parte, ma poi - dipendente e intossicato come sei dalla lettura - continui ad andare avanti, perché alle fine di quel viaggio, ci devi comunque arrivare e solo alla parola fine puoi davvero dire qualcosa.
Ecco, io con Il grande Firlinfù ci sono arrivata alla parola fine, ma non mi è piaciuto.
Il viaggio è stato ricco di ostacoli, strade incidentate, percorsi sbagliati, un tempo che inesorabilmente passava lento. Molte volte ho avuto la voglia e il desiderio di staccarmi dalle pagine, non perché la storia non abbia un senso, ma semplicemente non ha senso per me.
Non sono riuscita ad entrare in sintonia con nessun personaggio descritto, l'ambientazione a tratti onirica, a tratti cupa - cosa che mi ha portato a leggere il romanzo - mi è sembrata più un tentativo di imitare la scia di autori come Edgar Allan Poe e Clive Barker, non riuscendoci.
Un romanzo non deve avere per forza uno stile narrativo ordinario agli altri, ma la sua prosa deve essere cristallina in modo che qualsiasi lettore si avvicini, riesca a comprendere e apprezzarne la lettura.
Il dovere dell'autore è quello di accompagnare il lettore per mano, alla scoperta di un mondo che dovrebbe aleggiare alla realtà e, alla fine, lasciare che il lettore continui da solo.
Il mondo di un romanzo dovrebbe diventare vero agli occhi del lettore, così da confondere benevolmente la sua mente e non distogliere mai l'attenzione.
Con Il grande Firlinfù tutto questo non succede.
Lo stile narrativo è confusionario e ostico. I personaggi sono spesso statici senza avere quella sfumatura psicologica e quella complessità tale da renderli reali. La penna dello scrittore non mi è risultata fluida e musicale, anzi mi ha percosso e disturbato, non lasciandomi pugni nello stomaco da togliermi il fiato.
Clark Ashton Smith è uno di quei autori, al pari di Lovecraft, che disturba e inquieta. Sono autori che hanno una penna non semplice da comprendere, ma basta qualche pagina per raggiungere la loro intesa e "armonizzarsi" con la loro musica. Qui Fausto Silva, porta il lettore a risultare estraneo a ciò che sta leggendo, a non sentirsi minimamente coinvolto e a voler finire velocemente il supplizio.
Girovagando su Internet ho notato come il romanzo venga considerato il più bel romanzo contemporaneo dei nostri tempi: è vero che la storia porta a conoscere le vicende di un ragazzo che cerca in tutti i modi di fermare la seconda guerra mondiale e scopre che può avere la pace con uno strumento musicale, ma non sono riuscita a provare empatia con quel dolore, non ho sentito nulla per nessuna scena e, quando un romanzo mescola narrativa e fantasia, dovrebbe darmi qualcosa.
Poteva darmi di più eppure il grande Firlinfù non mi ha lasciato nulla. Peccato.
Ho letto il libro qualche anno fa. Il romanzo è difficile ma non incomprensibile, è come entrare in un quadro animato, una favola ostica, rude di terra viva.
RispondiEliminaIl luogo con i suoi aspri territori, le sue rocce, i suoi legni e i personaggi ognuno con il suo carattere ormai ignoto ai più.
Lo stile? Ai posteri.
Ora aspetterei nuove invenzioni da questo “autore”.
Grazie. Renato M.